L’AMORE BUGIARDO, GONE GIRL
IN BREVE – Qualità: ★★★ – Ritmo: OOO – Pubblico: cinefili*, cineamatori*, cinecuriosi*
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L’avevo candidato tra i migliori film dell’anno, sulla fiducia, ma ha deluso le mie aspettative. Due film in uno, entrambi incompiuti.
LA TRAMA
Amy e Nick sono sposati da cinque anni. Belli, colti e ammirati, hanno lasciato New York per la provincia, dove la loro relazione languisce e l’ostilità cresce. Dietro di loro la crisi economica che ha messo in ginocchio l’America e interrotto le loro carriere, davanti a loro nuvole nere che minacciano tempesta e guai, grossi guai. Licenziati dalle rispettive redazioni e dalle rispettive ambizioni, Amy e Nick provano a ricostruirsi una vita nel Missouri. Casalinga annoiata e paranoica lei, proprietario di un bar che chiama The Bar lui, la coppia scoppia il giorno del loro quinto anniversario. Amy scompare senza lasciare tracce, se non il suo sangue versato e ripulito in cucina, un tavolo rovesciato in salotto, un diario che non tarderà a essere ritrovato e un marito apatico che fatica a realizzare la sua condizione. Perché i vicini, i media, la polizia e tutti quelli che lo stanno a guardare sono davvero convinti che sia stato lui ad uccidere Amy (MyMovies)
L COMMENTO
Ogni film di David Fincher è ricco di personalità, grazie ad un gusto visivo sempre particolare, caratteristico, saturo di nero fotografico. E così è anche in questo lavoro, esteticamente molto apprezzabile e riconoscibile. Uno dei suoi punti di forza, insieme alla prima parte di film, che racconta con pochi tratti la storia dei due sposini innamorati, accompagnando gli eventi con pagine di diario scritte a mano, che scorrono a cadenzare l’evoluzione dei fatti. È nella prima ora che Fincher costruisce il lato migliore del film, attraverso un racconto rarefatto ma intenso, rispettoso delle psicologie dei personaggi e ricco di ambiguità che portano lo spettatore a dubitare dei buoni e dei cattivi. A tratti riconosci colpevoli gli innocenti e viceversa, in un gioco dubitativo che monta con il passare del tempo. Fino alla fine del film, o meglio, della prima parte del film, quando tutto porta a pensare ad una imminente conclusione, con l’aggiunta di un paio di “scene madre” conclusive e chiarificatorie. Ma è qui che il film prende un’altra piega e si addentra in un processo mediatico un po’ fastidioso che, seppur ben raccontato, non pare aggiungere nulla a quanto già visto in decine di altri film. Si tratta di tematiche certamente significative, non solo per un pubblico americano che, come apprendiamo dai film, si inchina pedissequamente al potere di giornalisti e star televisive, ma anche per l’Italia, che nel suo piccolo ha generato mostri mediatici straordinari, con tanto di processi pubblici dalla durata decennale. Fincher, nella seconda parte del film, dice più o meno le solite cose, più o meno nel solito modo, rafforzando il racconto grazie all’ambigua e camaleontica interpretazione di Rosamund Pike, vista prima d’ora in pellicole minori. Che insieme alle scene, rappresentano il punto di forza del film, al netto dell’immobile espressione di Ben Affleck, che qui forse fa pure gioco al personaggio. Ma serve di più per entrare nella top ten di un annata al cinema…
SCHEDA ESSENZIALE
Titolo originale: Gone girl – Genere: drammatico – Durata: 2h25 – Regia: David Fincher (Fight Club, Seven, The social network) – Cast: Ben Affleck, Rosamund Pike, Neil Patrick Harris, Tyler Perry, Kim Dickens – Produzione: USA – Uscita: 18 dicembre 2014