I FIGLI DELLA MEZZANOTTE
IN BREVE – Qualità: ★★ – Ritmo: OOO – Pubblico: cineamatori*, cinecuriosi*
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Un kolossal che sembra avere ambizioni autoriali ma che finisce per essere un epico pasticcio.
LA TRAMA
Il 15 agosto 1947, mentre l’India dichiara l’indipendenza dalla Gran Bretagna, due neonati, appartenenti a due classi sociali opposte, vengono scambiati volontariamente dall’infermiera, in una clinica di Bombay. Un gesto che esprime un forte desiderio di riscatto e di ribellione all’ordine sociale delle cose. I destini dei due bambini si incroceranno tra di loro, sullo sfondo di un paese in profondo cambiamento.
L COMMENTO
Per raccontare l“epopea” dell’India e di una famiglia indiana si parte da lontano: dal 1917 e dall’incontro dei nonni del protagonista narratore, Shaleem, il neonato povero divenuto ricco. Se nasci ricco o povero il mondo cambia molto, anche se, si ripete più volte nel film, “ciò che vuoi essere, puoi”. Invece che concentrarsi solo su Shaleem e la sua storia, la regista (che si rifà al libro) si disperde in un racconto frettoloso dell’India del secolo scorso, tra fatti storici e bizzarre culture locali, e ci introduce nella leggenda dei “figli della mezzanotte”: bimbi nati alla mezzanotte del giorno dell’Indipendenza indiana e tutti magicamente dotati di super poteri. Poesia e simbolismo (tipici della letteratura indiana) appaiono sfuggevoli mentre cresce in chi guarda un po’ di confusione e di sgomento, che penalizza il conivolgimento. Pur se in odore di realtà, il racconto dei personaggi non sembra credibile. Incredibili sono i rapporti tra uomo e donna, tra padre e figlio, tra zia e nipote, tutti forzatamente innaturali, non tanto per l’interpretazione quanto per il taglio registico. Il registro narrativo è difficilmente definibile. Un po’ commedia, un po’ dramma sociale, un po’ storico, un po’ surreale. Il tutto si mescola senza riuscire a divenire niente di più di un assemblato lungo, verboso e sconnesso, per quanto visivamente spettacolare. Se il film vuole portarci ad apprezzare l’India e la sua ricchezza culturale e simbolica, non mi pare ci sia riuscito. Che sia per la concretezza arida del pubblico occidentale o per l’incapacità degli autori di dare forma a storie letterarie strabordanti di magia e spiritualismo non è dato di sapere. Certo è che la regia dell’indiana Deepa Mehta e il romanzo ispiratore del controverso Salman Rushdie fanno di tutto per tenerci a distanza, proponendoci un adattamento privo di “traduzione” empatica e di universalità. Il film chiude così: “Un bambino e un paese nacquero a mezzanotte, tanto tempo fa. Si aspettavano da entrambi cose grandiose. La verità è stata meno grandiosa del sogno. Eppure siamo sopravvissuti e abbiamo proseguito per la nostra strada. E le nostre vite sono state, nonostante tutto, atti d’amore”. Insomma, molto rumore per nulla.
SCHEDA ESSENZIALE
Titolo originale: Midnight’s children – Genere: drammatico – Durata: 2h 26 – Regia: Deepa Mehta – Cast: Satya Bhabha, Shahana Goswami, Shabana Azmi, Rajat Kapoor – Produzione: Canada, Gran Bretagna – Uscita: 28 marzo 2013