PASOLINI
IN BREVE – Qualità: ★★★ – Ritmo: OO – Pubblico: cinefili*, cineamatori*, cinecuriosi*
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Emerge la provocazione. Latita il genio. Non proprio un favore a Pasolini.
LA TRAMA
È il primo novembre 1975 a Roma ed è l’ultimo giorno di Pier Paolo Pasolini. Il suo mattino comincia col bacio di sua madre. Susanna lo richiama dal sonno e lo ritrova dopo un viaggio a Stoccolma, dove si è occupato della traduzione del volume, “Le ceneri di Gramsci”. Incalzato dalla censura per Salò o le 120 giornate di Sodoma, intervistato “sulla situazione” e per La Stampa da Furio Colombo e avviato “Petrolio”, un romanzo che insegue nella sua testa due personaggi-narratori (Carlo, ingegnere della borghesia torinese, e Andrea Fago, unico sopravvissuto a un incidente aereo), Pier Paolo fa colazione con caffè e Corriere (della Sera). La sua giornata continua, tra un appuntamento e l’altro, fino alla fine, tragica, nel buio di Ostia (MyMovies).
IL COMMENTO
Meno anarchico, selvaggio e sregolato di quel che si potrebbe aspettare da un regista come Ferrara, Pasolini è un film incerto e spesso disascalico, nel quale però non si racconta tanto il passato dell’uomo e dell’intellettuale quanto il futuro che non ha mai avuto. Alla quotidianità di PPP negli ultimi giorni della sua vita s’intrecciano visioni basate sui suoi lavori mai terminati, il romanzo “Petrolio” e il film Porno-Teo-Kolossal, che avrebbe dovuto vedere protagonisti Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli. Di quest’ultimo, Ferrara inventa di sana pianta alcune scene, lasciando al vero Ninetto il compito d’interpretare il personaggio di Eduardo, e a Riccardo Scamarcio il ruolo di Ninetto, facendoli muovere in una Roma contemporanea e creando così un cortocircuito temporale che riassume forse il senso dell’intero film. Lo testimonia anche l’altro frammento della vita vera di Pasolini che nel film è importante, oltre al momento della sua morte: l’intervista incompleta che PPP rilasciò a Furio Colombo e che Ferrara mette in scena evidenziando le impressionanti analogie delle dichiarazioni pasoliniane di allora con “la situazione” di oggi. Lo testimonia anche una ricostruzione d’epoca un po’ ossessiva, e la galleria di figurine che un po’ scolasticamente si alternano sullo schermo (lo stesso personaggio di Scamarcio-Davoli, ma anche la Betti di Maria de Medeiros e altre ancora). A Ferrara il passato non interessa. Il passato è un fossile, è un libro di storia; e, anche se sfuggono qui e lì un paio di accenni che potrebbero insospettire, non è per lui minimamente interessante fare dietrologie sulla morte del suo protagonista. Quello che interessa a Ferrara è la tensione impossibile di Pasolini e della sua opera verso il futuro: di quel futuro che è l’oggi, e che forse è l’inferno nel quale Pasolini si era già calato. Un oggi nel quale, come disse PPP a Colombo, “siamo tutti in pericolo”. O nel quale magari, suggerisce con amarezza Ferrara, all’inferno siamo già tutti: quell’inferno che sta nell’attesa infinita, nel non sapere dove andare, nell’attesa di un qualsiasi Godot (o di un Pasolini) che ci scuota dalla nostra mortale e mortifera immobilità (comingsoon.it).
SCHEDA ESSENZIALE
Titolo originale: Pasolini – Genere: biografico – Durata: 1h26 – Regia: Abel Ferrara – Cast: Willem Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Valerio Mastrandrea, Adriana Asti – Produzione: Belgio, Italia, Francia – Uscita: 25 settembre 2014