LA ZUPPA DEL DEMONIO
IN BREVE – Qualità: ★★ – Ritmo: O – Pubblico: cinefili*
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Cui prodest? Noia mortale, immagini dall’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa. Per cinefili feticisti dell’Istituto Luce e dei programmi Rai della notte, ma invece che sul fascismo, si parla di fabbriche e bulloni.
LA TRAMA
Lo sviluppo industriale e tecnologico ha accompagnato l’intero XX secolo come idea positiva. A lungo si è ritenuto che l’industrializzazione e il progresso avrebbero portato a un sostanziale e irreversibile mutamento della società. Utilizzando i materiali messi a disposizione dall’Archivio Nazionale del Cinema d’Impresa del Centro Sperimentale di Cinematografia d’Ivrea, il documentario mostra come questa idea si sia concretizzata attraverso i decenni.
IL COMMENTO
Davide Ferrario non è solo un interessante regista di film di finzione ma anche un acuto documentarista capace di far ‘parlare’ immagini del passato decontestualizzandole ai fini di un proprio punto di vista senza però mai snaturarle. È quanto si impegna a fare anche in questa occasione, stimolato da quel coltissimo archivista e cinefilo che è Sergio Toffetti. I volti degli operai di un passato poi non troppo remoto testimoniano del bisogno di riscatto sociale ma anche di un senso di contributo alla crescita collettiva che oggi sembra essersi smarrito in monadi di solipsismo quando non in micro consorterie in lotta tra loro. Ferrario non prova nessuna nostalgia per quel passato. È ben consapevole che quell’utopia vede proprio in questi nostri tempi il suo misero e non indolore fallimento. Sa che lo spettatore odierno inorridisce quando vede abbattere uliveti per fare spazio a quell’ILVA che a Taranto ha portato lavoro ma anche morte. Ha però la convinzione che sia stato un periodo dotato di “una energia, talvolta irresponsabile ma meravigliosamente spericolata verso il futuro, che è proprio ciò di cui sentiamo la mancanza oggi.” Si fa accompagnare e ci fa affiancare nel percorso da citazioni di uomini di cultura che vanno da Marinetti a Gadda, da Primo Levi a Pasolini (lo stesso titolo è una citazione da un testo di Dino Buzzati riferentesi alle lavorazioni in un altoforno). Tra tutte ne va ricordata una che marca con dolente sensibilità il film. È di Pier Paolo Pasolini: “Nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta”. Sono parole scritte nel 1975 (MyMovies).
SCHEDA ESSENZIALE
Titolo originale: La zuppa del demonio – Genere: documentario – Durata: 1h20 – Regia: Davide Ferrario – Walter Leonardi, Gianni Bissaca – Produzione: Italia – Uscita: 11 settembre 2014