UN INSOLITO NAUFRAGO NELL’INQUIETO MARE D’ORIENTE
IN BREVE – Qualità: ★★(★) – Ritmo: OOO – Pubblico: cineamatori*, cinecuriosi*
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In giorni di bombardamenti a Gaza, una commedia che prova a sorridere sui contrasti tra ebrei e palestinesi. È lecito scherzare?
LA TRAMA
Jafaar è uno pescatore palestinese che pesca sardine e vive con la moglie lungo il muro della Striscia di Gaza. Dimenticato da Allah, incalzato dai creditori e avvilito da una vita sorvegliata da Israele e dai suoi militari, che ‘bazzicano’ la sua casa e controllano ogni suo respiro, Jafaar butta la rete in mare e una mattina pesca l’impensabile: un grosso maiale vietnamita. Considerato animale impuro dalla sua religione, decide subito di sbarazzarsene. Il desiderio di qualcosa di meglio per lui e la sua consorte tuttavia lo fa desistere e il maiale diventa una fonte inaspettata di guadagno. Dopo numerosi tentativi falliti al di là e al di qua del muro, Jafaar trova in una giovane colona russa e nella capacità riproduttiva del suo maiale il business e la risposta alle sue preghiere. Quando tutto sembra andare finalmente per il verso giusto, un gruppo di terroristi integralisti lo recluta suo malgrado, mandando letteralmente in aria il suo commercio e la sua vita.
IL COMMENTO
Non poteva che uscire d’estate questa commedia prodotta in Europa sul conflitto ebrei palestinesi. In giorni drammatici di bombardamenti nella striscia di Gaza arriva nelle sale un film che prova a far riflettere con il sorriso, cercando di non urtare troppo lo spensierato letargo estivo delle menti (soprattutto quelle appassionate di cinema). Il tempismo con cui le immagini raccontano il conflitto, edulcorato dalla commedia, è da un lato straordinario, dall’altro quasi fuori luogo, vista la drammaticità dei fatti di cronaca. Ma se astraiamo dalla tempistica, continuano a rimanere seri dubbi sulla riuscita di questo film che, a quanto pare, a pubblico e critica è piaciuto. È piaciuta l’interpretazione di Sasson Gabay, ispirata a Chaplin, secondo le parole del regista, un goffo personaggio che a noi italiani rimanderà facilmente al viso baffuto di Giovanni Storti. È piaciuta la simbologia del nero maiale vietnamita, animale impuro per ebrei e palestinesi, portato a spasso con calzini protettivi per non contaminare il suolo natio, punto centrale di incontro e di scontro della storia attorno a cui si sviluppa il film. È piaciuto il tono leggero, capace da un lato di sfiorare il dramma, di raccontare prigionia, odio, povertà e pregiudizio a Gaza, e dall’altro di scoprire il semplice e naturale bisogno di vivere in pace di molte persone semplici. Purtroppo l’impressione che rimane a me, da spettatore coinvolto, è quella di un’opera troppo piccola per contenere domande e storie tanto grandi. Il risultato è semplicistico, facilmente rassicurante, poetico nella volontà ma disturbante nella realtà, soprattutto se chi scrive non riesce ad apprezzare l’espressività teatrale e artefatta di questa commedia dai tratti tipicamente francesi, che si chiude con un monologo retorico, per salvarsi dall’aggettivo “stupido”.
SCHEDA ESSENZIALE
Titolo originale: Le cochon de Gaza – Genere: commedia – Durata: 1h38 – Regia: Sylvain Estibal – Cast: Sasson Gabay, Baya Belal, Myriam Tekaia, Gassan Abbas, Khalifa Natour – Produzione: Francia, Germania, Belgio – Uscita: 19 giugno 2014