IN BREVE – Qualità: ★★(★) – Ritmo: OO – Pubblico: per pochi (cinefili, cineamatori, cinecuriosi) – Affinità: maschile
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Un tema spinoso in un film noioso. Di gran lunga il film più sopravvalutato dell’anno.
LA TRAMA
Al “Boston Globe” nell’estate del 2001 arriva da Miami un nuovo direttore, Marty Baron. E’ deciso a far sì che il giornale torni in prima linea su tematiche anche scottanti, liberando dalla routine il team di giornalisti investigativi che è aggregato sotto la sigla di ‘Spotlight’. Il primo argomento di cui vuole che il giornale si occupi è quello relativo a un sacerdote che nel corso di trent’anni ha abusato numerosi giovani senza che contro di lui venissero presi provvedimenti drastici. Baron è convinto che il cardinale di Boston fosse al corrente del problema ma che abbia fatto tutto quanto era in suo potere perché la questione venisse insabbiata. Nasce così un’inchiesta che ha portato letteralmente alla luce un numero molto elevato di abusi di minori in ambito ecclesiale (MyMovies).
IL COMMENTO
Facendo il verso ai titoli sensazionalistici che compaiono nella locandina (“Di gran lunga il miglior film dell’anno”), “Il Caso Spotlight” è di grand lunga una delle più grandi delusioni dell’anno. Mentre il tema pedofilia, che è emerso con forza dai vergognosi tentativi di insabbiamento della Chiesa, merita grande rispetto e partecipazione, il film che ne è derivato risulta a mio parere piuttosto insignificante e soprattutto deludente, nonostante l’ampio consenso di pubblico e critica (Premio del Pubblico al Toronto Film Festival e 6 nomination agli Oscar 2016).
La scelta di Thomas McCarthy, regista e attore affermato, è quella di farne un thriller giornalistico, concentrato dal primo all’ultimo minuto sulle indagini. Si perde di vista il dramma delle vittime e persino l’imponenza dello scandalo, a vantaggio del lungo e ripetitivo percorso di ricerca condotto da un folto gruppo di giornalisti onesti, coraggiosi e militanti, giornalisti di cui oggi, almeno in Italia, sembra non esserci traccia.
Nonostante un cast di qualità, che fa bene il suo mestiere, il film si perde nel racconto della redazione e dei dossier, lasciando emergere soprattutto i fatti e molto meno le coscienze, le storie e i suoi protagonisti.
McCarthy sembra rinunciare non solo al facile (e abusato) sentimentalismo ma anche alle più semplici emozioni, sfoderando una fredda passione quasi intellettuale per i suoi “eroi”. Un film quindi che fatica a decollare, schiacciato da un ritmo lineare, che può in ogni modo intestarsi il merito di aver raccontato una pagina di storia straordinaria. Un esempio di coraggio, professionalità, dedizione. Un sogno di civiltà, memoria e responsabilità. Tutte qualità che oggi faticano ad imporsi, non solo tra le persone ma anche come modello sociale.
Qualità, aggiungo, che interpretate dal giornalismo contemporaneo potrebbero davvero contribuire a cambiare il nostro paese. Ma siamo ancora qui a chiederci se valga la pena comprare un quotidiano o accontentarsi delle sintesi sul web, nelle quali non emerge tristemente nessuna sostanziale differenza.
SCHEDA ESSENZIALE
Titolo originale: Spotlight – Genere: thriller – Durata: 2h08 – Regia: Thomas McCarthy – Cast: Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery – Produzione: USA – Uscita: 18 febbraio 2016
Tags:
Chiesa, film dibattito, giornalismo, John Slattery, Liev Schreiber, Mark Ruffalo, Michael Keaton, Mostra del cinema di Venezia, notizie, Oscar 2016, pedofilia, Rachel McAdams, Spotlight, Thomas McCarthy, Toronto Film Festival