LA GRANDE SCOMMESSA
IN BREVE – Qualità: ★★★(★) – Ritmo: OOO – Pubblico: per “molti” (cinefili, cineamatori, cinecuriosi) – Affinità: maschile
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Scommessa vinta. La finanza al cinema diverte e inorridisce.
LA TRAMA
Nell’anno 2005, il mercato immobiliare americano appariva più stabile e florido che mai. Chiunque chiedesse un mutuo, preferibilmente a tasso variabile, era quasi certo di ottenerlo. Per questo, quando Michael Burry si presentò in diverse banche per scommettere sostanzialmente contro l’andamento del mercato, nessuno gli negò la possibilità di farlo, e anzi gli risero alle spalle. Michael Burry, però, aveva visto quello che il mondo non vedeva ancora: una pericolosa e crescente instabilità del sistema, peggiorata dalla vendita smodata di pacchetti azionari pressoché nulli, etichettati in maniera fraudolenta. Il film racconta dunque la scoperta più o meno contemporanea da parte di alcuni uomini della gigantesca “bolla” cresciuta in seno al mercato immobiliare e destinata a scoppiare un paio d’anni dopo con effetti disastrosi. (MyMovies).
IL COMMENTO
Scommessa vinta. Adam McKey, autore di improbabili commedie demenziali, sforna miracolosamente un film incredibile, che non sfigura tra i migliori film dell’anno. La sfida era molto difficile. Rendere il grande pubblico, pressoché all’oscuro dei temi di finanza (tra questo prevenuto pubblico ignorante mi accomodo serenamente tra le prime file), consapevole dell’abominevole truffa che ha coinvolto miliardi di consumatori nel mondo. Una truffa che ha determinato una crisi di dimensioni planetarie, simile per capacità distruttive solo alla famelica crisi del ’29, che vive nella memoria collettiva globale.
Dentro a questa truffa, che ha coinvolto banche, borse, mercati e consumatori, allo stesso tempo controllanti e controllati, seguiamo la sfida appassionante di un gruppo, ampio e differenziato, di geniali analisti, capaci di approfittare a loro volta di un buco di sistema incontrollabile e inevitabile. La scommessa contro l’economia americana fu per loro la più redditizia lotteria personale.
In un film che lascia poco spazio alla morale, tifiamo per i furbi, che trasformano la sconfitta e l’impotenza contro il grande fratello banchiere in un assegno circolare che cambierà la loro la vita, per sempre.
In questo mondo famelico, che ci schiaccia come formiche inermi, sconvolge l’eterno ritorno del male, che non è solo una reminiscenza filosofica quanto piuttosto una certezza storica che, dopo il baratro, non consegna alla galera quasi nessuno ma distribuisce copiosamente dividendi di disperazione alla gente comune. E siamo qui, ancora in questi giorni, a leccarci le ferite di Banca Etruria&Co. In attesa di assegnare punteggi di avidità, da applicare alle storie di truffatori e truffati.
La grande scommessa è educazione, formazione, illuminazione, battaglia politica. È un film necessario, che ha il merito di trasformare il geroglifico in storia del cinema. Con bravi attori (tra i più bravi Steve Carell, tra i meno credibili Christian Bale), McKay consegna le spiegazioni più complicate a dei siparietti metaforici elementari e straordinari, e rimane in attesa dei giusti riconoscimenti.
La speranza che il film possa essere motore di chissà cosa è vana. Ma almeno la verità è lì, nero su bianco, in superficie, mirabile, allucinante e assurda.
SCHEDA ESSENZIALE
Titolo originale: The Big Short – Genere: drammatico – Durata: 2h10 – Regia: Adam McKay – Cast: Brad Pitt, Christian Bale, Ryan Gosling, Steve Carell, Marisa Tomei – Produzione: USA – Uscita: 7 gennaio 2016