ROBERT DOISNEAU
IN BREVE – Paris en liberté – Spazio Oberdan, Milano – fino al 5 maggio 2013
Voto: ★★★
Pubblico: appassionati di fotografia, curiosi, antropologhi, amanti di Parigi
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Tecnica, professionalità e finzione per raccontare Parigi come fosse vera.
LA MOSTRA
Parigi in libertà. È proprio questa la sensazione del visitatore, che è come se si trovasse a passeggiare tra la gente e le pittoresche strade della Parigi del secolo scorso. Un percorso colorato, pur senza i colori della fotografia in bianco e nero. Un percorso vivace, descrittivo, umano. La fotografia, scrive Doisneau è molto simile alla pesca: vi è una lunga preparazione a cui segue l’appostamento e il lancio dell’esca. Serve poi molta pazienza in attesa che l’esca faccia il suo dovere, regalando il premio dell’attesa. Doisneau era un talento, era un tecnico, era un innovatore. Il talento lo si vede nella sensibilità di tutti i suoi scatti, nella sua capacità di catturare attimi di infinito, espressioni, particolari, emozioni. La tecnica emerge dai suoi racconti, dal fatto che la maggior parte dei suoi scatti fossero preparati, studiati, a volte anche costruiti. La spontaneità è il risultato di una lunga preparazione e organizzazione dei suoi set, una preparazione che sfiora l’artificio e toglie, a mio parere, un po’ di poesia alla sua fotografia. Sapere ad esempio che il suo scatto più noto (quello del bacio, non presente alla mostra) sia stato frutto di una scena costruita, sposta l’accento più sulla tecnica che sul suo talento, comunque indiscutibile. Ma, artificio a parte, il risultato è straordinario e personale. Doisneau è precursore dell’antropologia visiva. I suoi scatti molte volte sono l’espressione di un umanesimo della povera gente, sono la curiosità semplice per le persone, sono il gusto estetico per gli incontri fortuiti, sono il fascino dei mestieri e degli attrezzi per esercitarli, sono l’incanto autobiografico dei monelli in strada. I suoi scatti sono la vita delle persone e il mondo a cui appartengono, incorniciati spesso in forme che richiamano le lettere a, v, l, o, forme che, secondo il fotografo, favoriscono la “lettura”. I suoi scatti sono racconti, storie e documenti di un’epoca ricca di suggestioni e cambiamenti. Molte volte la sua fama lo ha avvicinato ai potenti dell’epoca, bramosi di essere immortalati dal suo magico e prestigioso obiettivo. Ed è così che, oltre alla povera gente, Doisneau ha ritratto ad esempio Coco Chanel, Jean Paul Gaultier, Alberto Giacometti, Simon de Beauvoir, Luis Bunuel, Pablo Picasso, Christian Dior, Ive Saint Laurent e molti altri. La critica del tempo lo apprezzava, quella contemporanea lo annovera tra i più grandi fotografi del suo tempo e di sempre. Questa mostra è un viaggio, non il migliore possibile, nel mondo di Doisneau e soprattutto un viaggio a Parigi. Pareti colorate, foto in formato poco spettacolare e un’audioguida utile alla comprensione. All’entrata ci accoglie un cortese steward che impartisce le istruzioni di percorso: “tenere sempre la sinistra”. Al termine delle sale, distribuite su due piani, è riservato uno spazio a una video intervista in lingua francese.